La democrazia. Storia di una ideologia by Canfora

La democrazia. Storia di una ideologia by Canfora

autore:Canfora
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2013-07-17T04:00:00+00:00


12. La «guerra civile europea»

Tutto ciò che io intraprendo è rivolto contro la Russia. Se in Occidente sono troppo stupidi e troppo ciechi per capirlo, sarò costretto a raggiunere un’intesa con i Russi per battere l’Occidente, per poi lanciare tutta la mia forza contro l’Unione Sovietica.

Hitler a Carl Burckhardt

Commissarìa della Società delle Nazioni

Non è notissimo che Churchill e De Gaulle, due figure centrali del Novecento europeo, nati rispettivamente nel 1874 e nel 1890, ebbero entrambi una parte di rilievo nell’attacco degli Alleati alla repubblica russa, conseguente alla denuncia (conferenza di Londra del 18 marzo 1918) della pace di Brest-Litovsk tra la Russia e gli Imperi centrali. La loro partecipazione a quell’attacco ha un suo valore emblematico. Era una procedura interventista già il deliberato della conferenza londinese. La Russia aveva mutato regime, a seguito di un colpo di mano rivoluzionario; il nuovo governo teneva testa, non senza serie difficoltà e a prezzo di una guerra civile di imprevedibile durata, alla lotta armata delle truppe «bianche» ribelli ai quattro angoli del paese, dall’estremo Nord all’estremo Oriente, al confine polacco, al Baltico. Rifiutare la scelta armistiziale del nuovo governo, considerata come un corpo di spedizione francese al comando del generale Weygand (agosto 1920), incaricato di combattere a fianco dei Polacchi, guidati da Pilsudski, lanciati alla riconquista del Baltico. Erano affiancati da una missione britannica. Un libro celebrativo sulla Troisième République (Ed. Larousse, Paris 1939) ricordava con commozione quelle gesta: «Les officiers français [tra cui il Nostro] y prirent une part glorieuse» (p. 255).

Un terzo contingente «alleato» si illustrò, spingendosi in profondità nel territorio russo, fino a Ecaterinburg (luglio 1918), quello dei Cecoslovacchi, già inquadrati nell’esercito zarista in funzione anti-austriaca, e ora passati coi «bianchi», sostenuti con ogni genere di assistenza dagli Anglo-Francesi. Più equilibrato del lirico cantore della Troisième République, l’anonimo redattore della voce Russia (storia) dell’Enciclopedia Italiana osserva che «l’intervento straniero giovò al vettovagliamento delle cosiddette armate bianche, ma forse contribuì anche a screditarle» (p. 308).

Perché questo massiccio intervento, questa dilatazione europea della guerra civile interna alla Russia? È evidente che il movente fondamentale fu «la grande paura». Si temeva il successo propagandistico della rivoluzione, ben al di là dei confini della Russia, l’effetto mimetico che il moto avrebbe potuto innescare: lo si era temuto finché era in atto la carneficina bellica, in quanto la Russia era stata la sola capace di realizzare la richiesta «pace subito»; e lo si temeva ora, dopo la fine del conflitto, e nella crescente inquietudine sociale del dopoguerra, in quanto esempio di via compendiaria alla giustizia sociale. Come esempio del prestigio di tale via compendiaria anche presso chi avversava i bolscevichi nello scontro ormai in atto in tutti i partiti socialisti, si può ricordare l’intervento di Filippo Turati al congresso socialista di Livorno (gennaio 1921), in cui si produsse la scissione comunista. È chiaro che Turati respinge la formula stessa di «dittatura del proletariato» come dittatura di minoranza. Eppure rivendica di avere gli stessi obiettivi dei comunisti. Mette conto riferire le sue parole per entrare, sia



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